Caterina Crepax - L'Intervista - by Cristina Morozzi
Caterina Crepax, figlia di Guido, ammette che non è facile vivere con un’icona. Eppure, afferma subito, «i miei genitori erano persone normalissime, accomodanti e non personaggi», soprattutto il padre che era molto democratico, quasi ingenuo e forse inconsapevole della sua aura.
«Non li ho mai vissute come ingombranti, e ho beneficiato dell’ idolatria di mio padre per le donne. Mia madre era timida e si è sempre dedicata alla famiglia, sebbene essendo laureata in lettere tedesche, avrebbe amato insegnare e, a volte, non nascondeva un’ inevitabile frustrazione. Sono una persona cordiale e accogliente. Mi sono laureata in architettura e ho lavorato per dieci anni con Marco Comolli e Giovanna Poli, uno studio di architettura, che ha introdotto il colore negli interni milanesi, occupandosi di progetti di arredamento. Ho gradualmente rinunciato a questo impegno per dedicarmi alla mia passione: lavorare con la carta. Ho sempre creato oggetti
tridimensionali con la carta, ispirandomi ai libri Pop-Up che mi regalava zia Luciana. Ho una fantasia travolgente e mi sarebbe piaciuto fare scenografia «Lavorare con la carta è diventata per Caterina una professione. La scintilla è stata la creazione delle sculture di abiti di carta realizzate per il guardaroba di Molteni in occasione del Salone del Mobile. Gli abiti in carta vennero pubblicati sulla rivista Domus a piena pagina, così ha iniziato a farsi conoscere, ricevendo molte richieste da aziende e mostre. Più che un’artista, le piace considerarsi un’artigiana, le piace l’idea di un ‘lavoro di bottega’, e si sente affine alla Fondazione Cologni, che promuove l’artigianato artistico.
tridimensionali con la carta, ispirandomi ai libri Pop-Up che mi regalava zia Luciana. Ho una fantasia travolgente e mi sarebbe piaciuto fare scenografia «Lavorare con la carta è diventata per Caterina una professione. La scintilla è stata la creazione delle sculture di abiti di carta realizzate per il guardaroba di Molteni in occasione del Salone del Mobile. Gli abiti in carta vennero pubblicati sulla rivista Domus a piena pagina, così ha iniziato a farsi conoscere, ricevendo molte richieste da aziende e mostre. Più che un’artista, le piace considerarsi un’artigiana, le piace l’idea di un ‘lavoro di bottega’, e si sente affine alla Fondazione Cologni, che promuove l’artigianato artistico.