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Visualizza tuttoINTERVISTA A NICOLA COROPULIS, AD DI POLTRONA FRAU
The MAG - 03.23
Di Cristina Morozzi
Nel flagship store di via Manzoni a Milano, accomodata su un soffice divano, incontro Nicola Coropulis, CEO di Poltrona Frau per farmi raccontare l’azienda. Un incontro informale, grazie all’amichevole disponibilità di Nicola e alla collezione che esposta nell'ampio e luminoso spazio, in una solare tarda mattinata invernale, ha reso tutto familiare.
CRISTINA MOROZZI (CM):
La storia di Poltrona Frau è definita sul vostro sito “Un mito italiano cresciuto in tutto il mondo”. Cosa intendi per mito?
NICOLA COROPULIS (NC):
Mito è una parola simbolica, rappresenta un modo di essere, di fare, di comportarsi e viene riconosciuta come tale.
CM:
Se non sbaglio il fondatore dell’azienda, che si chiamava Renzo Frau, era sardo, anche se l’azienda è nata a Torino.
NC:
Corretto. Renzo Frau faceva il rappresentante di prodotti per la cura della pelle ed era innamorato degli arredi dei club inglesi, che aveva visto nel corso di un suo viaggio a Londra. La sua idea fu quella di creare un laboratorio artigianale che riproducesse i classici dello stile inglese.
CM:
Quindi all’origine dell’azienda c’è la pelle?
NC:
Esatto. La pelle è diventata da subito materiale identitario di Poltrona Frau. All’epoca produrre arredi in pelle non era consueto Il rivestimento era, prevalentemente, tessile. Frau interpretò, con spirito italiano, lo stile inglese che lo aveva conquistato, arrotondandone e ingentilendole le forme per renderlo più femminile.
Se consideriamo il CHESTER di Poltrona Frau ci rendiamo conto che è un’altra cosa rispetto al modello originale inglese, le pelle aderisce alla sagoma con pieghe morbide e gentili e le volute del bracciolo sono più ricche. Frau ha quindi creato una icona. Lo stesso può dirsi della poltrona 1919 che deriva dalla wing chair britannica, ma è molto più romantica. Del resto Frau in tedesco significa donna. Nel 1962 Franco Moschini trasferisce la Poltrona Frau da Torino a Tolentino. Questa è una tappa importante nella storia dell’azienda.
CM:
Il motivo di questo trasferimento?
NC:
Il principale fornitore di pelle era la conceria del “Chienti,” dal nome del fiume di Tolentino, che era anche il principale creditore dell’azienda. Franco Moschini, emissario della conceria del Chienti di proprietà della famiglia Gabrielli, fu mandato nelle Marche per risolvere la questione. Decise di rilevare l’azienda e la proprietà intellettuale. Il trasferimento da Torino a Tolentino è una tappa importante nella storia dell’azienda, perché la lavorazione della pelle avveniva in un contesto geografico, dove la pelle si lavorava già nel medioevo, ma solo in ambito calzaturiero. La Frau è a pochi chilometri dalla sede di Della Valle e di Santoni. La scommessa di Moschini è stata vinta, perché la capacità artigianale di lavorare la pelle degli artigiani di Tolentino è stata applicata anche all’arredo.
CM:
Altre tappe importanti nel percorso di Poltrona Frau?
NC:
La Poltrona Frau sino a oggi ha avuto quattro vite: la prima è il periodo di Torino e di Renzo Frau; la seconda il periodo di Franco Moschini nel quale la Frau da laboratorio artigiano diventa azienda industriale e si specializza, non solo nell’arredo domestico, ma anche nel contract, arredando teatri, spazi pubblici, uffici e persino gli interni delle auto di prestigio (nel 1986 nasce la divisione “Interiors in Motion”). Tanto per ricordare qualche realizzazione, posso citare il Parlamento europeo, l’Auditorium del Parco della Musica. Tanti poi sono stati i progetti affidati a importanti architetti.
La terza vita inizia nel 2003 quando la Frau passa al fondo Charme e si quota in borsa, iniziando un processo di internazionalizzazione. Nel quarto periodo avviene l’acquisizione del gruppo americano Haworth e l’azienda si espande nei mercati internazionali, soprattutto in Asia e in America, poiché Haworth non è un fondo, ma una famiglia di industriali, capace di condividere le politiche produttive. Nel mio percorso professionale ho avuto la fortuna di lavorare con un imprenditore-padrone, che è Pasquale Natuzzi; poi alla Poltrona Frau governata da Charme e infine all’interno della Poltrona Frau acquisita da Haworth.
CM:
E’ corretto definire che Poltrona Frau è una manifattura?
NC:
Assolutamente si.
CM:
Quali sono le caratteristiche di questa “manifattura italiana”?
NC:
Poltrona Frau è sinonimo di sobria eleganza italiana, di eccellente manifattura e inscindibile connubio tra tradizione e innovazione; tra artigianato e tecnologia. A Parigi abbiamo appena presentato la riedizione del divano "Ouverture" disegnato da Pierluigi Cerri, un divano del 1982 che coniugava perfettamente il design industriale, molto minimalista, con la cuscinatura opulenta, tutt’ora di grande attualità.
CM:
Poltrona Frau collabora con vari designer, senza fare torti, me ne puoi citare qualcuno?
NC:
Nella storia della Frau, all’epoca di Franco Moschini, un ruolo fondamentale lo hanno avuto Lella e Massimo Vignelli, Pierluigi Cerri; e anche Luigi Massoni, che era legato a Franco Moschini da una buona amicizia. Nella Poltrona Frau odierna, diciamo degli ultimi 20 anni, ne menzionerei tre: uno è Jean-Marie Massaud, perché ha allargato i confini del brand, portandolo verso lidi di maggior contemporaneità e internazionalità, pur mantenendo la linea guida dell’azienda. L’altro è Roberto Lazzeroni, per la sua capacità di reinterpretare le forme della memoria in forma molto contemporanea. Il terzo è Roberto Palomba dello studio Palomba Serafini che ci ha dato la possibilità di esplorare il gusto contemporaneo. Roberto Palomba e Ludovica Serafini hanno questa grande capacità di rendere accessibili prodotti che non sono semplici.
CM:
Il museo di Poltrona Frau, valore e obiettivi?
NC:
Il museo è il punto di accesso privilegiato all’esperienza della marca, perché il modo in cui Michele De Lucchi l’ha concepito è quello di un viaggio esperienziale, non solo nella storia, ma anche delle varie anime di Poltrona Frau. Ogni visita in azienda inizia sempre dal museo. Adesso lo utilizziamo anche per pranzare. Ho detto a Michele che il museo di Tolentino è un luogo di relazione, perché possiede come tramite un’architettura consapevole e la storia di un’azienda importante.
CM:
Parole e immagini, quale è il relativo peso che hanno nella comunicazione del marchio?
NC:
E’ una domanda difficile. Ti rispondo dicendo che il brand ha il suo punto di forza nelle sensazioni e nelle emozioni e che quindi deve puntare molto sull’immagine. Il testo deve essere un appiglio, come il chiodo nella parete di roccia che intendi scalare. All’immagine è affidato il ruolo di suscitare le emozioni, alla parola la narrazione. Stiamo lanciando una nuova campagna fisica e digitale, al tempo stesso. Oltre quello che si vede si può interagire con lo smartphone e avere una esperienza allargata mediante un QR code.