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Visualizza tutto"Distretti Industriali e Made In Italy" di Giacomo Becattini: il savoir-faire italiano
Il MAG 09/22
EDITORIALE di Cristina Morozzi
"I vantaggi competitivi dell'Italia negli ultimi decenni" scrive Becattini "sono nati dall'accumulo di saperi artigianali che sono stati a lungo conservati da una miriade di microcosmi locali e integrati con i saperi codificati..."
Anche senza andare molto indietro nel tempo, non è azzardato affermare che è stata ed è la geografia dei distretti industriali italiani, organizzati come in nessun'altra parte del mondo, a far nascere e ad alimentare il fenomeno del design italiano.
"La natura piccola e locale di questi focolai di design ha condizionato il funzionamento complessivo del sistema", come ha scritto l'economista e accademico Giacomo Becattini nel suo libro Distretti Industriali e Made In Italy.
Fin dalle sue origini, l'industria italiana del mobile ha fatto affidamento su realtà piccole e disperse. Più che fabbriche - che pure sono esemplari per attrezzature e architettura - sono laboratori sperimentali dove industriali e designer lavorano ancora fianco a fianco per dare vita a idee visionarie. Le aziende del mobile industriale fanno parte di una rete diffusa di laboratori artigianali specializzati, concentrati in specifiche aree geografiche d'Italia. Si tratta di una rete molto varia, che va dall'artigianato tradizionale che ancora custodisce un'antica sapienza, all'artigianato futuristico basato sull'innovazione della tecnologia e dei materiali.
E non è un caso che la maggior parte delle aziende storiche del mobile italiano siano state fondate nell'area brianzola del Nord Italia.
Il radicamento sul territorio, la gestione familiare di queste aziende e la volontà delle nuove generazioni di attingere all'esperienza di chi le ha precedute si sono combinati con l'innovazione tecnologica, costituendo un bacino di competenze ineguagliabile.
"I vantaggi competitivi dell'Italia negli ultimi decenni", scrive Becattini, "sono nati dall'accumulo di conoscenze artigianali che sono state a lungo conservate da una miriade di microcosmi locali e integrate con le conoscenze codificate... La specificità di questo sistema produttivo locale consiste nell'integrazione tra conoscenze tacite ed esplicite; tra i processi produttivi più pratici e la cultura tecnologica e scientifica".
Le aziende storiche del design italiano, nate grazie all'intuizione e al rischio di imprenditori coraggiosi, hanno prosperato grazie a questo tipo di organizzazione, sfruttando le concentrazioni regionali di subfornitori. Hanno prosperato perché radicate in un territorio popolato da artigiani qualificati. Tra imprenditori e progettisti c'è dialogo, discussione e talvolta scontro.
Ma alla fine prevale la voglia di superare gli obiettivi: i progettisti vogliono innovare, forzare i vincoli, superare l'inerzia dei materiali, e i nuovi industriali vogliono dimostrare che questo è possibile e che esistono soluzioni anche per i progetti più bizzarri.
Vico Magistretti ha elogiato l'abilità e l'intuizione degli industriali brianzoli, ritenendoli capaci di progetti anche "solo telefonati", grazie alla complicità che hanno con i designer grazie alla loro interazione quotidiana. Alcuni imprenditori vivono addirittura sopra le loro fabbriche, come Serafino Zani, originario di Lumezzane, un paese delle valli prealpine a nord di Brescia, che produce utensili da cucina in acciaio e stoviglie. Konstantin Grcic, uno dei suoi prestigiosi collaboratori e che ha disegnato diversi pezzi per l'azienda, considera la "casa-fabbrica" un aspetto distintivo del design italiano.
Vivere sopra la propria fabbrica significa considerare la propria vita e il proprio lavoro come un tutt'uno, e vivere la fabbrica come se fosse un laboratorio d'artista. E se gli imprenditori sono artisti, lo sono anche i fornitori nel contesto di questa speciale geografia della produzione diffusa. Non sono operai pagati dalle aziende, ma versioni contemporanee degli artigiani delle botteghe rinascimentali.
Sono artisti perché sono inventori intraprendenti di soluzioni dettate dalla competenza acquisita nel loro campo e dalla capacità intuitiva corroborata dal rapporto con i designer. Il design italiano, in definitiva, è più una partnership che un sistema. Non ci sono regole scritte né organigrammi. Regna l'empatia e le scintille nascono dalle buone idee, con la miccia dell'estro, dell'istinto e dell'estetica delle bellezze naturali e create dell'Italia.
Già nel 1948, Giuseppe Prezzolini sosteneva, durante le sue lezioni alla Columbia University, che l'Italia ha una così grande fama nel mondo grazie alla seduzione del suo sistema di vita. "Da dove viene questa fama?", si chiedeva. "Non dagli oratori o dai letterati o dai politici... Questa fama è dovuta ai narratori, ai poeti, ai pittori, agli scultori, agli architetti, ai comici, ai cuochi, ai sarti, agli sportivi... e alle donne innamorate e agli amanti italiani".