Alberi di Natale sostenibili in legno e cartone
Visualizza tuttoIL DESIGN INCONTRA LA MATERIA
The List #02
di Antonella Dedini
La lista di questo mese riguarda i materiali, i loro nuovi processi produttivi e l'up-cycle, e il modo in cui hanno influenzato l'estetica e la funzionalità contemporanea dei mobili.
Boro Boro Sashiko, pezzi storici della collezione permanente di Chuzaburo Tanaka esposti all'Amuse Museum di Tokyo - Museum of Textile Arts, Giappone
Parlare di materiali oggi è affascinante se pensiamo allo sviluppo nel tempo di tecniche capaci di produrre un materiale artificiale indistinguibile da quello naturale. Ci rendiamo conto che la materia di cui sono fatti gli oggetti ci appare sempre più indefinibile in semplici categorie acquisite dalla nostra esperienza; l'unico modo per capire la materia è considerarla per le sue prestazioni: cioè parlare della materia non definendo "cos'è", ma raccontando "cosa fa" e "come lo fa", considerando quindi l'estetica dei materiali, siano essi naturali o artificiali, una disciplina fondamentale per chi vuole fare il designer. Inoltre, una nuova qualità della materia è la consapevolezza del suo impatto ambientale durante la manipolazione e nella seconda vita.
IMPARARE IL VALORE DEI RIFIUTI DAL GIAPPONE
In nome della filosofia "yuyo-no-bi" (Bellezza della praticità), nelle antiche famiglie giapponesi era consuetudine rattoppare e ricamare abiti e kimono logori per dar loro nuova vita: estetica ed etica del rammendo per il riutilizzo di materiali preziosi come i tessuti. Boro Il Boro Sashiko è una tecnica di ricamo tradizionale giapponese per recuperare diversi pezzi di stoffa che, uniti, formano una tela. Boro significa "straccio consumato" e Sashiko significa "piccoli tagli", a proposito del semplice punto che compone i motivi geometrici. La tecnica è nata in Giappone nel periodo Edo (1615-1668) tra le popolazioni rurali del nord del Paese. In breve tempo è diventata una delle arti manuali più conosciute e popolari. Nel corso del tempo, il Sashiko si è evoluto molto, diventando una raffinata tecnica ad ago.
SPERIMENTARE LA CERAMICA
Hella Jongerius, Vaso di diamanti, Galerie Kreo, Parigi 2019.
Edizione limitata
Hella Jongerius è una designer olandese considerata a livello internazionale una delle più influenti della sua generazione. Dagli anni '90 sperimenta materiali diversi, processi industriali e tecniche artigianali tradizionali in ceramica, tessuto e vetro. Fondendo l'artigianato con la tecnologia avanzata e celebrando l'imperfezione degli oggetti e dei materiali, ha esplorato i confini tra il vecchio e il nuovo applicando tecnologie sofisticate a quelle più semplici.
Qui viene mostrato un vaso di porcellana con un mix di motivi tridimensionali e colori iridescenti che cambiano intensità seguendo il percorso della luce durante il giorno, dall'alba al tramonto, in ombra o in luce, a seconda di dove il vaso è posizionato. La tecnica prevede l'applicazione di spessi strati di smalto opaco e lucido che, sovrapposti, danno vita a colori sorprendenti.
CERAMICA RAKU - ANTICA TRADIZIONE GIAPPONESE
Patricia Shone, vaso della collezione Erosion, Isola di Skye (Scozia), 2020.
La lavorazione della ceramica Raku è di origine giapponese ed è legata alla cerimonia del tè. La tecnica utilizzata dall'artista Patricia Shone parte da questa tradizione ma si arricchisce di diverse finiture: la tecnica orientale Raku prevede che durante il processo di lavorazione l'oggetto subisca un forte shock termico con cotture multiple a diverse temperature. Quando gli oggetti vengono estratti dal forno, durante i vari passaggi, vengono immersi in combustibili, segatura, torba, foglie o carta di giornale, che attivano un processo cosiddetto di "riduzione" che richiama chimicamente ossigeno, creando superfici dal colore unico. A questo Patricia aggiunge un'antica tecnica americana: al pezzo precotto viene applicato uno strato di smalto che, dopo un'ulteriore cottura e raffreddamento, si restringe, creando rotture e crepe naturali. Nei suoi vasi si possono osservare paesaggi terrestri e marini e rocce dei terreni sottili delle Highlands, in uno straordinario contrasto di forza e fragilità. Ogni oggetto è un pezzo unico.
METALLO E VETRO: MATERIALI DALLE MOLTEPLICI PROPRIETÀ
Gio Ponti per Paolo de Poli, Set di tre vasi in rame smaltato a fuoco, Padova 1950.
"Se esiste un'arte italiana dello smalto, ciò è dovuto a De Poli... alla stima e all'ammirazione che gli sono state guadagnate...". (Giò Ponti)
De Poli è stato un grande maestro nel creare oggetti in smalto a base di vetro su metallo o vetro. Questa tecnica protegge il metallo dall'ossidazione ed è disponibile in diversi colori, sfumature e finiture. È una tecnica antica che risale agli Egizi, che applicavano lo smalto anche agli oggetti in pietra per abbellirli. Poli ha affinato questo lavoro fino a diventare un artista riconosciuto a livello internazionale. A partire dagli anni Trenta, sperimenta piccoli oggetti raffinati caratterizzati da forme e mille colori. Collaborò con il grande architetto Gio Ponti per creare mobili, pannelli decorativi, sculture a tema animale e oggetti funzionali come vasi, maniglie, piatti, posacenere e tazze.
IL LINGUAGGIO DEI COLORI
Shiro Kuramata, terrazza "Star Piece", frammenti di vetro colorato e marmo bianco; il materiale ricopriva i pavimenti e le pareti del primo negozio Issey Miyake a Tokyo e divenne il materiale per il tavolo Kyoto, per Memphis, Milano, 1983
"Icona estetica della migliore tradizione architettonica, il seminato in frammenti di pietra e marmo, straordinario artificio di artigianato nei secoli, irrompe nella cultura radicale di Memphis negli anni Ottanta con la forza di una felice meraviglia".
Shiro Kuramata, giovane architetto di Tokyo, affascinò Issey Miyake alla fine degli anni Settanta e poi il Memphis di Sottsass a Milano negli anni Ottanta. Ha proposto un'inaspettata terrazza bianca su cui ha inserito frammenti di vetro dai colori vivaci: un linguaggio cromatico e materico inatteso, che sposta i confini estetici di un materiale tradizionalmente "naturale" continuando a dialogare con gli alfabeti che ne hanno decretato il successo nei secoli". (Frida Doveil, architetto e ricercatrice per @deden_designlist # 42)
IL SUGHERO, UN MATERIALE DALLE MOLTEPLICI QUALITÀ
Claudio Bitetti, sgabello/tavolino King in sughero naturale tornito, Mogg, Italia 2015 adatto per arredi interni ed esterni.
Il sughero è un materiale naturale ecologico e biocompatibile perché è biodegradabile, ignifugo e impermeabile, immune da muffe e insetti, può fungere da materiale fonoassorbente, isola dall'umidità, attutisce i rumori ed è ignifugo. Non è tossico. Anzi, è ipoallergenico e non assorbe gli odori. È leggero e compatto. Facile da lavorare perché elastico e morbido ma resistente. E se serve, galleggia. Offre un notevole contributo alla sostenibilità ambientale perché prodotto da un particolare tipo di quercia, la Quercus Suber, l'unico albero la cui corteccia si rigenera ogni nove anni dopo la decorticazione, costituendo un esempio di economia circolare naturale.
Perché utilizzarlo come materiale strutturale nei mobili? Tutto il sughero prodotto può diventare una nuova materia prima secondo un processo virtuoso di Economia Circolare. Tutti gli scarti generano altri prodotti o sono parte integrante e necessaria di diversi processi produttivi. Al termine del suo utilizzo, può essere riutilizzato al 100% in infinite applicazioni.
CARTONE RICICLATO: UN NUOVO MODO DI VIVERE
Frank Gehry, Wiggle Side Chair, Vitra, Svizzera 1972
+ Giorgio Caporaso, sistema di librerie modulari Moretto in cartone alveolare, Lessmore, Italia 2019
Realizzare mobili in cartone diventa un modo diverso di fare design; significa offrire le basi per una filosofia dell'abitare sostenibile che comunica il rispetto dell'ambiente e della salute. Significa accogliere le esigenze di una vita sempre più mobile, nomade e mutevole.
Recentemente, l'architetto Giorgio Caporaso ha progettato un sistema di librerie modulari in cartone alveolare molto versatile nella composizione. È un oggetto poetico, bizzarro, curioso. Forte della sua sostenibilità e del suo carattere fuori dalle righe, diventa protagonista dell'ambiente, cattura lo sguardo e affascina. Chi osserva questi scaffali di cartone vuole provarli, toccarli, testare la loro resistenza per sorprendersi. Può essere personalizzato con finiture colorate per adattarsi al mood dei diversi spazi. Tra gli architetti che hanno utilizzato il cartone con grande successo: il giapponese Shigeru Ban ha progettato strutture di cartone per creare interi edifici e Frank Gerhy, nella sua continua sperimentazione sui materiali, ha disegnato negli anni '70 la famosa sedia Wiggle, antesignana di quei valori di sostenibilità oggi irrinunciabili. La creazione di Gehry ha aperto la strada a una tendenza che oggi è ampiamente ripresa dai creativi di tutto il mondo.
Gli arredi in cartone sono versatili, molto resistenti, leggeri e riciclabili. Il cartone deriva da carta riciclata e può essere assemblato senza adesivi e altre sostanze nocive.
NUOVI TESSUTI ORGANICI CON SCARTI DI CIPOLLA
Una collezione di tessuti che riutilizza le bucce di cipolle e aglio comunemente scartate.
Le cipolle sono coltivate in tutto il mondo. La loro buccia viene solitamente gettata nel compost.
HUID è una start-up biotecnologica che utilizza gli scarti delle cipolle per aprire un futuro senza plastica. Creando alternative alla plastica monouso, HUID utilizza gli scarti alimentari per creare soluzioni circolari di materiali.
I sottoprodotti coinvolti nella produzione di HUID possono essere riciclati in una comunità locale anche per altri scopi: l'acqua utilizzata per trattare le pelli prima della lavorazione può essere utilizzata come tintura tessile per scopi artigianali o come base per un brodo vegetale.
Il processo non è del tutto definito, ma le cipolle vengono bollite e legate insieme con un adesivo a base di caseina, che le rende resistenti anche se esposte all'acqua. In seguito, gli scarti o i piccoli pezzi di pelle, che non sono abbastanza grandi per essere trasformati in impiallacciature, vengono macinati per diventare materia prima ed essere nuovamente lavorati.
BIO-MATERIALI PER L'INDUSTRIA DELLA MODA CON SCARTI ALIMENTARI DI ANANAS, MELE E UVA
Sneakers Hana, Id-Eight, disegnate e prodotte in Italia.
ID sta per Identity, mentre EIGHT incarna l'infinito, la capacità di rigenerarsi e l'ecosostenibilità.
Sono scarpe sportive interamente realizzate con materiali di scarto derivati da sottoprodotti di attività agricole o industriali, tra cui foglie di ananas, bucce e torsoli di mela, raspi e semi d'uva, cotone organico e plastica riciclata.
In particolare, i bio-materiali utilizzati sono:
Piñatex, realizzato con le foglie di scarto degli ananas coltivati nelle Filippine; Vegea, ottenuto dalla bio-polimerizzazione delle vinacce;
AppleSkin (cartamela), ottenuto dalla bio-polimerizzazione di bucce e torsoli di mela sempre in Italia;
Lycra riciclata e mesh (rifiuti plastici) per gli inserti della tomaia, della suola, dei lacci e dell'etichetta sono anch'essi realizzati con materiali riciclati, così come la scatola che contiene le sneakers.
Sono tutti materiali biodegradabili e cruelty-free.
LA FIBRA DI FICO D'INDIA DÀ VITA A UN NUOVO BIOMATERIALE, IL SIKALINDI
Cristiano Ferilli, occhiali da sole Leuca in fibra di fico d'India Sikalindi®, Ferilli Eyewear, Italia 2019.
La pianta del fico d'India è infestante e a crescita rapida, tanto che in alcune aree agricole dell'Italia meridionale è indispensabile un diradamento annuale. Dagli scarti di questa pratica deriva la fibra naturale Sikalindi, estratta dai cladodi (pale) ancora verdi, appena tagliati dalla pianta, attraverso un processo unico e brevettato. Questo processo è interamente ecologico e non utilizza prodotti inquinanti. Una volta estratta, la fibra viene essiccata, acquisendo così la consistenza legnosa desiderata. Come il legno comune, presenta venature spontanee e sempre imprevedibili, offrendo così un materiale sempre unico e irripetibile in termini di disegno e colore. Inoltre, è un materiale utilizzato per realizzare oggetti d'arredo e accessori come le montature degli occhiali, in quanto particolarmente elastico e resistente. Successivamente, l'applicazione di prodotti eccezionali e di resine impregnanti per il legno ha lo scopo di preservare il materiale per renderlo impermeabile.
PELLE VEGANA DA FIBRA DI CACTUS
Marco Trevisan, Diamond Bag. L'intera collezione è realizzata in Italia con pelle vegana Desserto.
Due agricoltori, Adrián López Velarde e Marte Cázarez, hanno sviluppato in Messico una tecnica per trasformare le robuste fibre del cactus in una pelle "vegana" dall'aspetto molto realistico. Si chiama Desserto. Il cactus è una pianta simbolo del Paese, non ha bisogno di acqua per crescere e ne ha in abbondanza. Le foglie mature vengono tagliate da piante di cactus coltivate biologicamente, pulite, schiacciate e poi lasciate al sole ad asciugare per tre giorni prima della lavorazione. Il materiale può poi essere tinto naturalmente. È difficile non confonderla con la pelle naturale di animale per la sua morbidezza e la sua estetica. Un fattore significativo è che questa pelle è traspirante.
LA CELLULOSA DI LEGNO PUÒ SIMULARE L'IRRIDESCENZA E LA LUCE E NATURALE
Elissa Brunato, tessuto Bio Iridescent Sequin, Regno Unito 2019
Lavorando con gli scienziati dei materiali Hjalmar Granberg e Tiffany Abitbol del RISE, istituti di ricerca svedesi, Elissa Brunato ha creato delle paillettes per il ricamo, che sfruttano la capacità del legno di formare strutture che rifrangono la luce. In questo modo, il tessuto di bio-paillettes iridescenti può brillare naturalmente senza l'aggiunta di sostanze chimiche.
Oggi, grazie alle biotecnologie, è possibile creare materiali un tempo impensabili. Queste bellissime paillettes iridescenti biodegradabili sono realizzate con zero rifiuti a partire dalla cellulosa del legno. Bio Iridescent Sequin trova una risposta nella ricerca di biotecnologie in grado di sfruttare materiali naturalmente abbondanti per creare colori strutturali iridescenti. In questo caso il materiale ligneo originale può imitare l'affascinante estetica visiva delle ali dei coleotteri. Il materiale rimane leggero e resistente come la plastica, ma è compostabile.
Si tratta di un modo completamente nuovo di affrontare il colore e le finiture nell'industria tessile e della moda.
GET FLUO. IL DESIGN INCONTRA LA LUCE
Vaso fluorescente Perseo, Dygo Design, Italia 2019
Fluorescenza pop e sperimentazione di tecniche antiche con la trasposizione moderna della tecnica del "repoussage", una deformazione decorativa che, anziché essere applicata alla lavorazione del metallo come da tradizione, viene qui realizzata su una bio-plastica innovativa ed ecologica: PLA (Acido Polilattico), derivato dalla trasformazione degli zuccheri presenti nel mais, nella barbabietola, nella canna da zucchero e in altri materiali naturali e rinnovabili e non derivato dal petrolio, a differenza della plastica tradizionale.
Questo materiale può aggiungere un additivo durante la lavorazione che lo rende fluorescente grazie a un pigmento unico e altamente concentrato che lo farà brillare al buio. La luce assume così la stessa qualità dei materiali visivi, che si trasformano in mezzi linguistici, strumenti espressivi e talvolta veicoli poetici. L'effetto catturerà l'attenzione nello spazio e, come in un'opera "fluo" della Pop Art, farà risaltare le forme del vaso, la sua superficie tridimensionale e la sua patina materica.
LA LUCE È UN MATERIALE
Francisco Gomez Paz, Paolo Rizzatto, lampada Hope, Luceplan, Italia 2009.
Questa lampada rappresenta un'interpretazione contemporanea dei lampadari tradizionali che in passato utilizzavano gocce di vetro veneziano o di cristallo di Boemia per rifrangere la luce. Per ricreare lo stesso effetto, anzi per esaltarlo, sono state utilizzate foglie di policarbonato secondo il principio delle lenti di Fresnel. Hope offre uno spettacolo incredibile e scintillante. Questa composizione di sottili fogli trasparenti crea un volume leggero e arioso intorno alla sorgente luminosa. Il materiale plastico è stato lavorato per assomigliare al vetro: ne possiede tutta la bellezza e le qualità riflettenti, ma con un peso inferiore.
La lente di Fresnel, uno dei tanti dispositivi ottici introdotti dal fisico francese Augustin-Jean Fresnel (1788-1827), i cui studi portarono alla dimostrazione della natura ondulatoria della luce, consiste essenzialmente in una serie concentrica di anelli prismatici a gradini con un effetto combinato equivalente a quello di una lente regolare della stessa apertura, ma necessariamente molto più spessa, pesante e con perdite di luce più significative per assorbimento. È stata utilizzata per la prima volta per creare un faro di navigazione e successivamente in fotografia e nei fari delle automobili.
PELLE NATURALE, PELLE ARTIFICIALE E BIOPELLE. UN LUNGO PERCORSO INCENTRATO SULLA SOSTENIBILITÀ
Lorica, Ricerca sulla pelle artificiale, Centro Ricerche Domus Academy, Italia 1988.
Alla fine degli anni '80 le pelli artificiali, come la Lorica, erano considerate interessanti per settori come gli interni delle automobili, data l'estetica molto simile alla pelle e le prestazioni hi-tech. Mancavano però di una personalità propria e dovevano fare ancora molta strada per tenere conto della componente ambientale.
La designer dei materiali, Frida Doveil, ci racconta:
"Il progetto a cui abbiamo lavorato presso il Centro Ricerche DA guidato da Antonio Petrillo mirava a definire un'estetica diversa da quella della pelle. Presa dal mondo vegetale e basata sul DNA del materiale (a base di microfibre polimeriche, le stesse che oggi si possono ottenere riciclando le bottiglie in PET), che potrebbe dare a questo nuovo materiale un'identità distintiva e meno "sintetica".
MODIFICA CON NUOVI BIO-MATERIALI INTELLIGENTI
Gio Ponti, sedia Ponti 949, BBB Italia, 1940 - versione per esterni in Resysta® *
Riedizioni, restyling di grandi classici e vere e proprie icone riproposte sul mercato che rispondono all'attuale bisogno di rassicurazione e identificazione. Texture, colori e materiali insoliti caratterizzano spesso le più recenti versioni e reinterpretazioni di questi noti oggetti, la cui longevità sembra legata anche alla loro favolosa (e apparente) semplicità, il frutto più prezioso dell'autentica cultura del design.
E Gio Ponti ne è stato il protagonista. La sedia Ponti 949 viene ora rielaborata con materiali brillanti e innovativi per utilizzare la seduta anche all'aperto.
Chi ha detto che le icone della storia del design devono rimanere solo nei musei?
Non era forse il sogno di chi le aveva progettate quello di stare al passo con i tempi?
* Resysta® è un materiale altamente durevole, resistente al sole, alla pioggia, al gelo e persino all'acqua salata. Mantiene perfettamente il suo colore anche se prende luce. È composto dal 60% di lolla di riso, dal 22% di sale comune e dal 18% di olio minerale e mantiene l'aspetto visivo del legno. Rispetto al legno, richiede una manutenzione minima ed è altamente resistente a parassiti, muffe e crepe. È un materiale completamente riciclato e riciclabile. Ha l'aspetto e la calda patina del legno.
IMMAGINARE L'ELASTICITÀ
Bruno Munari, Falkland, lampada a sospensione, Danese, Italia 1964.
Genio e collant. Una delle tante belle intuizioni di questo grande designer.
"Un giorno sono andato in un maglificio per vedere se potevano farmi una lampada. Non facciamo lampade, mi risposero. Io risposi: vedrete, le farete voi".
In quegli anni, Bruno Munari si avvicinò all'estetica giapponese per progettare questa lampada commissionata da Danese. Utilizzando lo stesso materiale dei collant, ha risolto il problema della carta ingiallita e non lavabile, mentre un'altra intuizione è stata ovviamente quella di utilizzare una tecnologia già esistente per la produzione della lampada. Si tratta di una lampada a sospensione la cui forma deriva dalla tensione di un tubo di tessuto sintetico e dal peso di alcuni anelli metallici: è una forma spontanea generata solo dalla tensione degli anelli metallici. Sette anelli metallici di diverso diametro, un tubo di tessuto, una singola lampadina e un riflettore in alluminio seguono la forma delle curve del tessuto. Facile da assemblare, ampia dopo il montaggio, ma piccola e pratica da trasportare. Bruno Monari sapeva come progettare.
PROGETTARE CON IL PENSIERO LATERALE
Chris Bangle, BMW GINA Light Visionary Model, Germania 2008.
GINA è l'acronimo di "Geometry and Function in 'N' Adaptations". Un'auto con carrozzeria in tessuto per essere il più leggera possibile e versatile, anziché in acciaio, alluminio o fibra di carbonio. Ma l'aspetto innovativo è che la sua carrozzeria in tessuto elasticizzato senza cuciture è tesa su un telaio metallico mobile, consentendo al conducente di modificarne la forma a piacimento.
Chris Bangle, allora responsabile del design di BMW, chiese al suo team di sfidare i principi e i processi di progettazione convenzionali. Il punto non era trovare un nuovo modello da produrre, ma fare un esercizio di pensiero laterale in una sfida che portasse a nuove direzioni. Si chiama ricerca. Ed è l'unica attività considerata improduttiva per le aziende e i manager di modesta visione. Chris Bangle dirige oggi il suo centro di ricerca, occupandosi principalmente di consulenza, gestione del design e strategie per le aziende.
INVENTARE SEDILI A MEMORIA DI FORMA
Mario Bellini, divano Le Bambole, B&B Italia, 1972.
L'utilizzo del poliuretano schiumato a freddo negli stampi ha innovato radicalmente i concetti di design dei mobili imbottiti. B&B Italia ha sviluppato questa tecnologia nel 1966.
Una macchina che crea e "sputa" paperelle di gomma lavorando il poliuretano a freddo, iniettandolo come schiuma negli stampi. L'incontro con l'architetto Mario Bellini ha permesso di sfruttare al meglio questa nuova tecnologia. Ma bisogna saper immaginare nuove applicazioni. Negli anni '60, Piero Busnelli ebbe la scintilla: perché non provare anche con i divani? Nasce un divano rivoluzionario: Le Bambole. Il divano "non è rivestito di tessuto, ma è tessuto incorporato". Viene lanciata una campagna pubblicitaria trasgressiva che assicura a Le Bambole, con la sua censura, un successo duraturo grazie al contributo dell'art director Enrico Tabacchi, del giovane fotografo Oliviero Toscani e della top model Donna Jordan.
APPLICARE NUOVE TECNICHE DI PRODUZIONE COME LA FABBRICAZIONE DIGITALE
A. Denis Santachiara, Matita, Matita meccanica in acciaio, Cyrcus Design, Italia
B. Alessandro Mendini, Monster, Zuppiera per scultura in argento 900, Cyrcus Design, Italia
C. Alberto Ghirardello, Sinapsi, Bracciale in acciaio placcato oro, Cyrcus Design, Italia
Il "Download Design" è una nuova branca del design coniata dal designer Denis Santachiara, visionario precursore della stampa 3D e fondatore nel 2013 del movimento circus.it, la prima azienda di design d'autore che produce e vende online attraverso processi di fabbricazione digitale.
Una stampante 3D costruisce l'oggetto depositando, strato per strato, il materiale secondo indicazioni numeriche relative al progetto. Oggi i materiali stampabili in 3D possono essere molti e di diverse caratteristiche e consistenze. Oggi persino il cioccolato può essere versato da una stampante 3D.
Il sistema di progettazione sta cambiando. Le nuove tecnologie produttive, unite ai materiali più innovativi, daranno vita a nuove linee di ricerca, a nuovi ambiti e a una consapevolezza in grado di dare un valore sempre più eccellente alla cultura del design.
La rivoluzione è appena iniziata, ma sta procedendo rapidamente.