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Visualizza tuttoIntervista a Andrea Branciforti di Improntabarre
The MAG 08/22
INTERVISTA di Cristina Morozzi
Andrea Branciforti, fondatore e CEO di Improntabarre, parla della tradizione ceramica siciliana. Leggi l'intervista.
A Caltagirone in Sicilia dagli anni ‘60 le Ceramiche Branciforti tengono viva la tradizione ceramica locale, modellando figurine di terracotta.
Andrea Branciforti, nuova generazione, laureato in architettura a Palermo, con indirizzo disegno industriale e arredamento, ha maturato in famiglia la passione per la ceramica, tanto da farne un capitolo della sua tesi di laurea.
Dal padre, diplomato alla Accademia di Belle Arti, apprende la tecnica, ma decide di dedicarsi al moderno e fonda la sua azienda “Improntabarre” alla quale collabora la sorella Simona.
E’ presidente di ADI Sicilia e vanta collaborazioni con aziende siciliane, come Orolavico, giovane e dinamica azienda, specializzata nella pietra lavica, per la quale ha realizzato una collezione di sottopiatti. Numerosi i suoi incarichi come docente in accademie e nell’ambito delle associazioni artigiane.
CM:
Cosa significa dedicarsi al moderno, partendo dall’antica tradizione locale?
AB:
Vuol dire, cambiare tecnica, abbandonare la terraglia, dal classico colore rossastro, per dedicarsi alla pasta bianca, che presuppone una lavorazione diversa, per colaggio. In questa tecnica siamo stati anticipatori in un mercato basato sulla tradizione.
CM:
In questa conversione tecnologica hai dei maestri?
AB:
Considero Ugo La Pietra un maestro di quello che lui definiva “il design dolce,” rispettoso delle tradizioni locali. Ma è Ettore Sottsass il creativo che più mi ha influenzato e convinto a intraprendere una strada contemporanea, senza rinnegare i legami con il territorio. L’ho conosciuto a Palermo, quando venne per far realizzare un bozzetto per una cappella votiva. Ma la scintilla è stata la sua mostra sulle ceramiche Tantriche a Trieste. Dal suo lavoro ho imparato a testimoniare con le mie creazioni la contemporaneità e quanto stiamo vivendo giorno per giorno. Da lui ho appreso l’ironia, il valore dell’empatia e degli oggetti iconici.
CM:
Mi citi qualche creazione emblematica della tua attitudine progettuale?
AB:
Il centrotavola Etna: cinque piatti da portata impilabili e sulla sommità, come contenitore, una ciotola. Ma forse il pezzo più rappresentativo della mia attitudine creativa è la fruttiera-vaso Triplex, che s’ispira ai centrotavola di Giò Ponti per le ambasciate italiane nel mondo, ma denuncia la sua contemporaneità, alloggiando uno spazio per depositare il cellulare.
Voglio citare anche “Il gesto fantasma”, un gesto leggero di sfioramento, un movimento di cui non conosciamo la traiettoria, che deriva dall’uso del cellulare (aprire un’app, ingrandire, una foto, scorrere una pagina…). Sono gesti abituali, che l’artigiano che lavora l’argilla compie da sempre. Con questo mio progetto intendo rendere visibile il segno del movimento attraverso la materia argilla, che nella sua forma fluida riesce a memorizzare i movimenti e fermarli nel tempo, una volta asciugata. Le traiettorie e i movimenti fluidi rimasti impressi diventano successivamente oggetti. Nel gesto fantasma c’è anche un rimando alla gestualità infantile, al piacere di toccare e di mettere le mani nel piatto, che mi è stato ispirato dai miei due figli gemelli di sei anni.